| Beh... Innanzitutto, mi inchino al doc Porzioo che ha voluto involontariamente dedicarmi questo gioiello di Metallo Epico 'in the right way' come lo amo definire...e dal mio nickname, si può intuire quanta predilezione io abbia per questa cometa dell'EM 80's.
Una cometa, sì... Questo quartetto di metaller ha regalato i propri affondi di chitarra per poco più di un decennio, segnando tuttavia il modo di vedere/concepire/scrivere/suonare un genere che ormai, al giorno d'oggi, è dimenticato e surclassato da altri ben più abbordabili al volgo. Come ha giustamente anticipato nella sua più che mai eloquente recensione la mia collega Alfy, non pochi son stati gli ostacoli che hanno incontrato questi americani nel corso della loro breve carriera: Non solo trovandosi a confronto con altre band ben più affermate nel campo EM (Manilla Road, Brocas Helm e Manowar sopra tutti), ma anche subendo l'ormai crescente popolarità che stavano assumento le band Thrash Metal (i primi Metallica). Ma ora non mi dilungherò oltre su di loro, altrimenti potrei continuare all'infinito e giungere ai limiti dell'OT. Dunque...Paradise Lost. Beh, che dire? L'ascoltatore inizia da una invitante chiamata alle armi in "Join The Legion", entrando immediatamente a contatto con le sonorità veloci, echeggianti e quantomai potenti di chitarra e voce; il basso stenta a farsi sentire, forse per la scelta di dare rapidità ai pezzi tralasciando l'incalzare lento e inesorabile delle intro che hanno caratterizzato i loro primi lavori (vedi "Frost & Fire"). "The troll" rallenta lievemente, Baker dà sfogo alla sua estensione vocale e le chitarre armonizzano perfettamente il tutto...l'ascoltatore deve prendere respiro, perchè presto dovrà trattenerlo di nuovo. Il ritmo prosegue in "The Fire", riprendendo le sonorità caratteristiche dei primi due album: l'influenza dell'Heavy Metal e del nascente Thrash si fa sentire nei riff di chitarra quasi melodici, cadenzati da una batteria implacabile e più che mai perfetta a ritmare la voce grezza di Tim. Godiamoci le due tracce seguenti ("Heaven Help Us", "Go It Alone") per poi trovare qualcosa di insolito: un assolo lento, quasi dolce in "Chaos Rising"...un cambiamento? No, signori...questa è maturazione della band. Non è il solito Baker, non è il solito inno di battaglia: una specie di nenìa in chiave epica che rievoca suoni più elaborati, una melodica di fondo coinvolgente e che personalmente, mi ha fatto venire i brividi. Gli idoli caduti della penultima traccia riacquisiscono le sonorità a noi familiari e conferiscono all'album quel tocco di solennità che l'arricchisce e lo rende ancor più celebrabile. E infine, giungiamo al Dessert di questo luculliano pasto: "Paradise Lost", la traccia omonima... Lorsignori, ci si sveglia dal tiepido torpore! Baker e soci vi hanno coccolati con queste due ultime tracce...ma ora, per concludere in bellezza, si deve riprendere le redini del destriero Epico e lasciare nell'ascoltatore l'impronta di ciò che veramente sono i Cirith Ungol: impetuosità, celebrazione, LEGGENDA.
Mi chiedete un voto? Beh...credo che uno così non lo darò mai più.
Voto: 10.
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