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| Gamma Ray - Power Plant Andiamo subito al sodo nell'analisi di Power Plant, disco che ha esordito alla fine degli anni 90 (1999), e quindi non molto distante dal nostro tempo.
Un lavoro dominato dal Power Metal, detto così, anche in modo piuttosto schietto. Le leste ritmiche governano in maniera cruciale, e alla velocità delle chitarre s'affianca l'energia sprigionata da tutto il resto. L'avvio dell'album lascia un po' a desiderare, per il semplice fatto che si viene a creare qualcosa di leggermente confusionario a cui non riesco ad abituarmi; poi, con Razorblade Sigh mi rimetto immediatamente in carreggiata, dopo la sosta mentale iniziale.
L'atmosfera corale dà un tocco di decoro alla sfrenatezza musicale. Punto a favore questo. Ogni tanto s'avverte qualche apparente rallentamento smentito, senza alcuna pietà, da attacchi di impulsiva aggressività. Strangers in the Night ne è l'esempio più indicato. Ripeto, i cori calzano a pennello, e non sempre (Io) sono a favore di essi, spesso possono risultare inidonei e "di troppo".
Continuiamo a goderci queste incommensurabili cavalcate di impeccabile grinta (per chi ce la fa , alcuni potrebbero precipitare alla prima, o seconda, galoppata). Per i non amanti del genere, ascoltare per intero questo agglomerato di puro Power con sfumature Heavy potrebbe risultare una sfacchinata senza pari. Non è un ascolto per tutti.
A volte mi perdo anche io, mi perdo in quella precisione, perché è di rigore sonoro che si parla; la tecnica non sfugge.
Qualche ingombro di pesantezza c'è, e non me lo lascio scappare. La prova è in Gardens of the Sinner, che m'ha illuso all'inizio, disilluso nella parte centrale e m'ha raccolta verso il finale.
(Lieve deperimento..)
Molto aggraziata Short as Hell, più inoltrata nell'Heavy Metal che nel Power, seguita dalla cover di un pezzo dei Pet Shop Boys: I's a Sin, attentato che m'è piaciuto molto. (E anche stavolta mi tocca citare più di una traccia alla volta)
Persuasiva la parte centrale di Power Plant, anche più catapultata in universi Heavy, e quasi mi riporta alla memoria artisti alfieri del genere; mi sembra di rivivere addirittura i Saxon (in questo caso non alfieri del Power), sarà una mia illusoria impressione, ma a tratti li sento.
Con Wings of Destiny si recupera la risonanza iniziale; brano lievemente molesto, quasi distruttore di quell'arco di serenità sonora che mi si era creato intorno.
In realtà è tutto il finale che lascia a desiderare, e anche quell'epicume collegato alla chiusura del sipario.. Sarebbe stato più consono evitarlo, perché s'era generato un discreto miscuglio di potenza e compattezza, dissolto, poi, con questo aggancio epico.
La conclusione non posso santificarla. Complessivamente vien fuori un lavoretto sulla media della sufficienza.
Voto: 6+ Edited by HybridMoments - 25/2/2009, 19:03
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