Lento, morbido, onirico.
Un disco carezzevole, molto pacato, quieto. Riesce ad accompagnare con dolcezza, mescolando sonorità sintetiche e analogiche, archi, pianoforti... tracce che sconfinano nell'ambient, un'elettronica post rock, in cui gli strumenti sembrano sciogliersi, e fondersi... le voci sono un bisbiglio, quasi a non voler disturbare la magia creata dalla musica...
A tratti sperimentale, a tratti richiama esperienze note (e ci si può leggere ogni tipo di influenza), il disco si evolve con molta calma, quasi con lentezza, e a tratti sembra che stia quasi per scivolare nel silenzio... tracce che si riprendono l'una con l'altra, senza però scimmiottarsi tra di loro, creando un'unità concettuale difficile da districare... spiccano pezzi come
we have a map of the plane, con la sua conclusione al pianoforte quasi sussurrata, e la canzone che va a concludere il disco,
the land between solar systems, un delirio sperimentale che sembra un viaggio mistico di 11 minuti, da ascoltare a ripetizione.
si discosta un po' dalla velata malinconia del disco la scherzosa
don't be afraid, your eyes..., in cui i suoni sembrano voler giocare tra loro...
in generale è un lavoro ottimo, musicalmente vario ed interessante, emotivamente è una buona medicina contro la tristezza e il nervosismo